Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/367

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IL TUTORE 353

Pantalone. Lassè far?

Ottavio. Ci pensi ella. (si va addormentando)

Pantalone. Ve par mo che un omo civil, come che sè vu, abbia da far sta vita cussì poltrona, senza abbadar alla casa, senza saver chi va e chi vien? Tolè, el s’indormenza. Zoccoa, 1 tangaro maledetto. (gridando parte)

Ottavio.2 O cara questa poltrona! Si sta pur bene! Ma parmi che sarebbe ora d’andare a pranzo. Ehi, chi è di là?

SCENA XII.

Brighella, Arlecchino e detto; poi un altro servitore.

Arlecchino. Sior.

Brighella. Cossa comandela?

Ottavio. Si mangia o non si mangia?

Arlecchino. Presto, el patron vol magnar.

Brighella. El cogo ha messo su adesso la manestra. Da qua mezz’oretta l’anderà in tavola.

Ottavio. Non la finite mai.

Arlecchino. L’è quel che digo anca mi, non se magna mai.

Ottavio. Arlecchino, come stai d’appetito?

Arlecchino. Benissimo, per servirla.

Brighella. Vólela intanto, che demo una revista a sto contarello? (gli mostra un foglio)

Ottavio. Andate da mia sorella. Che minestra c’è?

Brighella. Risi.

Ottavio. Ah! Arlecchino, ti piace il riso3?

Arlecchino. Me piase4: no tanto come la polenta, ma poco manco.

Ottavio. Oh buona eh, quella polentina!

  1. Ceppo.
  1. Bett. e Pap. aggiungono; salgher.
  2. Bett.: " Chi è? svegliandosi. Mi sognavo che il signor Pantalone gridava, e non c’è più. O cara ecc.».
  3. Bett.: Ti piacciono i risi?
  4. Bett.: I me piase.