Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/380

Da Wikisource.
366 ATTO SECONDO


pensare; del resto il signor Pantalone non mi leverebbe la mia figliuola.

Rosaura. Se non volete ch’io vada, resterò.

Beatrice. No, va pure, ma assicurati che poco ci starai.

Rosaura. Perchè poco?

Beatrice. Se prendo marito, ti voglio con me, caschi il mondo.

Rosaura. Oh mamma mia! Volete maritarvi?

Beatrice. Può essere di sì.

Rosaura. Fate presto, fate presto. Oh che gusto! Averò il mio papà.

Beatrice. E poi subito mariterò ancora te.

Rosaura. Anche me?

Beatrice. Sì. Avrai piacere di essere sposa?

Rosaura. Signora sì.

Beatrice. E voglio io maritarti. Il signor tutore vada a comandare al suo figliuolo. Quattordicimila ducati di dota non si hanno a gettar via malamente.

Rosaura. Signora1 madre.

Beatrice. Che cosa vuoi?

Rosaura. Mi darete il signor Florindo?

Beatrice. Che Florindo? Che parli tu di Florindo? Egli non è per te. Florindo è giovine serio, sostenuto; non vuole una fraschetta; vuole una donna posata, una donna di garbo. Guardate che pretensioni!

Rosaura. Io non dico altro.

Beatrice. Il signor Florindo? Fa ch’io non ti senta più nominarlo.

Rosaura. Non dubitate, non lo nomino più.

Beatrice. Guardate la graziosa! Tutti quelli che vede, li vorrebbe per sè.

Rosaura. Tutti no, quello solo...

Beatrice. Zitto lì.

Rosaura. Non parlo.

  1. Bett.: Eh! Signora ecc.