Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/486

Da Wikisource.
470 ATTO SECONDO

Ottavio. Io non la posso vedere.

Pantalone. Mo perchè?

Ottavio. Perchè non la posso vedere.

Pantalone. Questo xe un odiarla senza rason.

Ottavio. L’ho amata senza ragione; non sarebbe strano che senza ragione l’odiassi.

Pantalone. Ma ghe vol i motivi, per cambiar in odio l’amor.

Ottavio. I miei motivi li ho.

Pantalone. La li diga.

Ottavio. Li dirò, quando sarò costretto doverli dire.

Pantalone. Che vol dir mo quando?

Ottavio. Quando vi rimanderò a casa la vostra figliuola.

Pantalone. La me la vuol mandar a casa?

Ottavio. Sì, col braccio della Giustizia.

Pantalone. Zitto, la vegna qua. Senza tanti strepiti, senza ricorrer alla Giustizia, la me daga mia fia, e nu d’amor e d’accordo me la togo, e me la meno a casa.

Ottavio. Volentieri. In questa maniera saremo amici piucchè mai. Come volete che noi facciamo?

Pantalone. Vorla restituir la dota, o vorla pagarghe i alimenti?

Ottavio. Quanto vorreste ch’io le passassi all’anno?

Pantalone. All’anno... tre... e do cinque, e do sette... Sie o settecento ducati all’anno.

Ottavio. Ebbene, le assegnerò dugento zecchini all’anno; siete contento?

Pantalone. Contentissimo, e mi penserò a mantegnirla decentemente, in maniera che no la fazza desonor gnanca a so mario.

Ottavio. Sì, bravo, avrò piacere che mia moglie sia ben trattata, che stia bene, che stia sana, e che comparisca decentemente.

Pantalone. Gh’importa se la meno a Roma?

Ottavio. Oh, non m’importa. Conducetela dove volete. Quando è con suo padre, son contento.

Pantalone. Quando vorla che principiemo?

Ottavio. Oggi, se volete. Quando ella vien a casa, ve la consegno.