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480 ATTO SECONDO

Ottavio. Lo sentirà quell’indegna, e se ne ricorderà per tutto il tempo di vita sua.

Beatrice. Eh via! (schernendolo)

Ottavio. Non lo credete?

Beatrice. Eh, che due carezze della moglie accomoderanno ogni cosa.

Ottavio. Delle sue carezze sono mesi che io non ne voglio. La batterò.

Beatrice. Sì, acciò dica che l’avete battuta per causa mia.

Ottavio. La caccerò via.

Beatrice. Peggio. Tutto il mondo contro di me.

Ottavio. Ma che ho da fare?

Beatrice. Tralasciar di vedermi.

Ottavio. Ed avrete voi tanto cuore?

Beatrice. Ah Conte! La mia riputazione vuole così.

Ottavio. Ah maladetta Rosaura!

Beatrice. Vostro danno; l’avete voluta.

Ottavio. Farò una risoluzione bestiale.

Beatrice. No, no, allontanatevi da questa casa, e tutto anderà bene. Privatevi delle conversazioni, e tornerete ad amare la cara sposa.

Ottavio. Ah! voi sempre più m’inasprite. Se qui fosse colei, le caccerei questa spada nel petto... Basta... Il cielo mi tenga le mani. Son fuori di me stesso.

Beatrice. Passerà, passerà. (schernendolo)

Ottavio. Voi mi mettete al punto.

Beatrice. Passerà, passerà. (come sopra)

Ottavio. Mi porti il diavolo, s’io non fo le vostre e le mie vendette. (parte)

Beatrice. L’ira del Conte scema in parte la mia. Apprende con senso nobile l’ingiurie recatemi da sua moglie. Qualunque risentimento egli faccia, non dirà che da me stato sia suggerito, ma non potrò mirar che con giubilo mortificata e punita la mia nemica. (parte)

Fine dell’Atto Secondo.