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486 ATTO TERZO

Beatrice. Ho fondamento di crederle a me dirette.

Lelio. Ditemi un poco: se la contessina Rosaura si spiegasse non aver parlato per voi; se si disdicesse pubblicamente di quanto ha detto, o con malizia, o con innocenza, sareste voi soddisfatta?

Beatrice. Sarei soddisfatta, ma non lo farà.

Lelio. Lo farà senz’altro.

Florindo. Siamo noi mallevadori che lo farà.

Beatrice. Vi potete impegnare?

Florindo. So quel ch’io dico. Il punto è che conviene far presto, prima che si traspiri per il paese. Se il conte Ottavio non viene questa sera da voi, la conversazione principia ad investigare il perchè.

Beatrice. E come s’ha da fare? Se Rosaura non si spiega, suo marito non lo voglio più in casa mia.

Lelio. Facciamo venir qui la signora Rosaura.

Beatrice. No...

Florindo. No, non va bene. La cosa sarebbe troppo affettata, o fuor di natura.

Lelio. Dunque, come pensereste voi?

Florindo. Favoritemi, signora, come vi siete separata colla Contessa?

Beatrice. Io non ho fatta alcuna dimostrazione.

Florindo. Benissimo; nè la contessa Rosaura sa finora che voi abbiate rilevate con senso le sue parole. Ella vi può credere ancora amica, e indifferente. Direi che andassimo tutti uniti a ritrovarla.

Beatrice. Oh, questo poi...

Florindo. Lasciatemi finir di dire. Potremmo andar uniti a ritrovarla. Far cadere il discorso a proposito; farla parlare, e farle far tutte quelle dichiarazioni che voi desiderate.

Lelio. Bravissimo. Non si può pensar meglio. La cosa è accomodata.

Florindo. Poi sul fatto si passa dalla casa del Conte alla vostra. Chi vuol venir venga, chi non vuole venir, se ne stia. Facciamo la solita conversazione, e non se ne parla mai più.

Beatrice. Rosaura non si piegherà.

Lelio. La faremo piegare.