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498 ATTO TERZO


strato d’avvelenarmi, per osservare sin dove giungesse la crudeltà del mio sposo. Mi condannate voi per un simile inganno? (ad Ottavio)

Ottavio. No, cara; vi lodo, vi abbraccio, e rendo grazie al cielo di cuore.

Pantalone. Vedeu, siori? Queste xe le donne de garbo, muggier savie, femene de condotta e prudenza.

Beatrice. Ah Contessa, a voi devo la vita. Compatitemi, se per mia cagione avete sofferto dei dispiaceri. L’amicizia mia col Conte vostro marito è stata onestissima; tuttavolta comprendo essere riuscita a voi di pena, a me di pericolo, al mondo di osservazione. Addio per sempre.

Lelio. Vi serviremo a casa.

Beatrice. No, non voglio più la vostra compagnia. Non avete fatto che eccitare il mio sdegno contro la Contessina1.

Rosaura. E lo stesso hanno fatto meco contro di voi. (a Beatrice)

Lelio. Servitor umilissimo di lor signore.

Florindo. Servo divoto.

Ottavio. Amici falsi, doppi, simulatori.

Lelio. (Con un uomo bestiale non ci cimentiamo).

Florindo. (Andiamo, è fuori di sè). (partono)

Rosaura. Deh permettetemi che in segno di vera e rispettosa amicizia vi dia un abbraccio,. (a Beatrice) Che vi assicuri con questo, essermi di tutto dimenticata, e che non mi resta un’ombra di sdegno, un’ombra di sospetto contro di voi. Signor padre, andiamo subito a Roma, e voi, caro sposo, continuatemi l’amor vostro, e abbiate compassione di me, che piansi tanto, che tanto per voi soffersi e penai. Consolatemi in avvenire, e quantunque io non sia nè vezzosa, nè amabile, amatemi perchè son vostra; e assicuratevi che qualunque amore di donna non arriverà mai a quello di moglie, poichè in tutti gli altri, siccome vi è il delitto, vi può essere facilmente l’inganno; ma in questo vi è l’onestà, l’innocenza, la tranquillità, la consolazione, la pace.

Fine della Commedia.



  1. Bett.: contro Rosaura.