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LA SERVA AMOROSA 247

Pantalone. Piuttosto, se ve bisogna qualcossa, comandeme, mandeme a chiamar, vegnì al negozio: vegnì dove che pratico, che ve servirò volentiera.

Corallina. Giacche ella ha tanta bontà per me, vorrei supplicarla di una grazia.

Pantalone. Disè pur. In quel che posso, ve servirò.

Corallina. Perdoni, se troppo ardisco...

Pantalone. Parie, cara fia; disè cossa che volè.

Corallina. Vorrei che per finezza, per grazia, mi dicesse il motivo, perchè non vuole ch’io venga nella sua casa.

Pantalone. Ve lo dirò liberamente. Ho avudo tanto poco gusto, tanta mala fortuna per aver parlà a favor de sior Florindo, che no voggio più intrigarmene nè poco, nè assae; e no vôi aver da far co nissun, che dependa da quella casa.

Corallina. Benissimo; son persuasa; lodo la sua condotta, e non ho motivo di lamentarmi. Dubitava quasi ch’ella avesse mal concetto di me.

Pantalone. Oh no, fia1.

Corallina. Ella saprà benissimo, ch’io sono una donna onorata.

Pantalone. No digo al contrario...

Corallina. Che in casa del signor Ottavio, dove sono nata, cresciuta, maritata e rimasta vedova, non ho mai dato motivo di mormorare de’ fatti miei.

Pantalone. Xe verissimo...

Corallina. E se sono venuta a stare col signor Florindo, l’ho fatto per amicizia, per compassione, per carità.

Pantalone. Qua mo, qua mo tutti no crede che la sia cussì.

Corallina. E che credono? Ch’io sia una sfacciata, una donna scorretta, una poco di buono? So che il signor Pantalone non lo crede, so che un uomo onesto, un galantuomo, non è capace di pensar male degli altri. Ma giuro al cielo, se vi fosse persona che ardisse macchiar in un picciol neo la mia repu-

  1. Figlia, detto amorosamente, per gentilezza. [nota originale]