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LA SERVA AMOROSA 265

Corallina. Dunque che difficoltà ci avete?

Florindo. Corallina, per ora non mi obbligate a dirvi di più.

Corallina. Bravo! Bella gratitudine che dimostrate dell’amor che ho per voi! Mi negate, perfido, la confidenza del vostro cuore. Pazienza! Ho fatto tanto, e non ho fatto nulla. Già m’aspetto vedervi amante di una fraschetta, e andar in fumo que’ bei disegni, che ho con tanto studio in vostro pro divisati.

Florindo. Ah Corallina, non sono di ciò capace. Conosco il bene che voi mi fate, non sono ingrato... lo vederete... Non sono ingrato.

Corallina. Dunque, se grato siete, parlatemi con sincerità, e sia una ricompensa all’amor che ho per voi, la confessione dei vostri occulti pensieri.

Florindo. Voi mi obbligate, ed io parlerò. Corallina mia, se vorrà il cielo che mi sia fatta giustizia, se andrò al possesso de’ beni miei, sarà giusto ch’io mi mariti, ma sarà giusto altresì, che premiando il merito dell’amor vostro, scelga voi per mia sposa.

Corallina. Me, signore, per vostra sposa?

Florindo. Sì, voi, che per tanti titoli ne siete degna.

Corallina. Ci avete voi pensato?

Florindo. Anzi quest’è il maggiore de’ miei pensieri. Volea sospendere a dirvelo, sin tanto che il dirlo e il farlo stesse in mia mano; ma poichè mi violentate a spiegarmi, sì, ve lo replico, voi, e non altra sarà mia sposa.

Corallina. Eh! via!

Florindo. Ve lo giuro per quanto di più sacro...

Corallina. Zitto: prima d’impegnarvi col giuramento, pensate meglio a ciò che siete per fare. Lasciate ch’io vi parli da madre, piucchè da serva, e che spogliandomi affatto dell’amor proprio, vi apra gli occhi a meglio conoscere voi medesimo. Vi ho amato, signor Florindo, posso dir dalle fasce, perchè ambi in quelle rivolti, siamo insieme cresciuti. Ebbi compassione di voi, scacciato dal padre, maltrattato dalla matrigna, oppresso dalla fortuna; e abbandonando il mio pane, il mio stato e le mie convenienze, venni ad assistervi, e soffrite ch’io il dica,