Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/315

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NOTA STORICA

«9 aprile 1752, prima domenica dopo Pasqua, cominciarono le comedie di gran grido nel Teatro Formaglian e ne fecero 50, la maggior parte del Goldoni ». Così Dom. Maria Galeati nel Diario (Ricci, I teatri di Bologna ecc. Bol., 1888, p. 109). Di più nel suo — Ubaldo Zanetti, il noto speziale, tanto benemerito della cronaca bolognese (Modena a C. G., 1907, p. 324): «...alle comedie dell’avvocato Goldoni rappresentate dalla compagnia di Medebach, come quelle che corregono (sic) li costumi moderni, vi concorre molto popolo e il biglietto si paga soldi otto e il sedere 4 baiocchi e sono molto gradite» (Ricci, op. cit., p. 111 ). Il Formagliari, primo allora dei teatri pubblici bolognesi, sorgeva sull’area dov’è adesso la Cassa di Risparmio. Il Goldoni raggiunti colà i suoi comici nel maggio, a stagione inoltrata, aveva notato con viva sodisfazione che la città «colta in ogni genere di scienza e di belle arti» approvava il suo sistema, tollerava il suo stile e frequentava le sue commedie. (Le comm. del dott. C. G. Ediz. Bettinelli, 1 753, voi. III, p. 267). Fra molte altre eseguite in quella primavera vi fu certo anche la S. a., come la lettera di dedica esplicitamente afferma. Vanno corrette dunque le Memorie dove pospongono questa alla Moglie saggia (Parte II, cap. XIV; cfr. la Nota alla M. S. e A. Neri, Anedd. Gold., p. 78).

Com’era piaciuta a Bologna (v. Premessa), la S. a. nell’ottobre dello stesso anno piacque anche a Venezia. «Al nostro [teatro] di Sant’Angelo» — scriveva l’a. all’Arconati Visconti il 7 ottobre 1 752 — si diede principio con il Tutore, e la seconda sera si pose in scena la S. a., la quale si seguita tuttavia a rappresentarsi, e crescendo ogni sera il concorso, si può sperare non voglia stancar l’uditorio, tuttochè moltissima nobiltà sia in campagna, e il resto sia per andarvi» (Lett. di C. G. e di G. Medebach al co. G. A. - V., Mil, 1882, p. 26). Così il pubblico diè torto ai comici rimasti freddi alla lettura. Non per questo la commedia andò, nè va esente da biasimo di critici. Si doleva qualcuno di dover «aspettare fino alla sesta scena il personaggio che vi è più interessante », ma il raguseo Sciugliaga, caldo fautore del Goldoni, potè rispondere recando l’esempio del Tartufo, dove il protagonista indugia ben più a comparire (Censure miscellanee sopra la commedia, ecc. Ferrara, 1755, p. 61). Dall’accusa sommaria di antifemminismo che Luigi Carrer lancia contro il teatro del Goldoni, egli con palese ingiustizia non eccettua neppur questa S. a., nella cui amorevolezza avrebbe trovato molto che ridire, se avesse avuto agio di esaminarla (Saggi s. vita e opere di C. G. Ven., 1827 p. 150). L’avesse fatto, si sarebbe ricreduto senza dubbio. Ma il Carrer, nota opportunamente il Centelli (Le donne del G. Battaglia per l’arte 188?) esagera, come facilmente occorre a chi giudichi complessivamente d’un’opera immensamente vasta, immensamente varia, quale la goldoniana. Ammira assai il Jacobs la nobile figura della protagonista: se la commedia, non dice (Charaktere der vornehmsten Dichter aller Nationen, Leipzig, 1793, vol. 2,° p. 73). Il Platen, coscienzioso annotatore delle proprie letture, scrive che la S. a. «ha qualchecosa di speciale» (Die Tagebucher Stuttgart, 1900, voi. II, p. 640). Ben poco tenero n’è il Rabany, cui, tolto l’episodio molieresco, sembra un dramma sentimentale (op. cit.