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de M*** Londres 1761; Théâtre d’un inconnu. A Paris, 1765). Secondo il Barbier e il Querard quest’inconnu fu Charles Sablier (1693-1786). Al rifacimento segue nelle due stampe una traduzione letterale del lavoro, perchè si potesse farsi un concetto esatto del rifacimento (Dedica). Ma, già dopo la recita, salvo per l’apprezzamento benevolo del Fréron (Année littéraire, 1761, vol. II, p. 97 segg.), la critica non l’aveva lasciato in forse sul merito del lavoro compiuto (Journal encyclopédique, 1759, luglio, p. 135 e segg.) nè sulla sua opportunità. Coglie anzi occasione la Correspondance del Grimm (Ediz. Tourneux, vol. IV, p. 113 [1 giugno 1759]) a sconsigliare dall’imitazione di commedie italiane ch’altro non sono che «un canevas sur lequel on brode différents scènes de farce». Una traduzione spagnola, pure in versi, possiede il Museo Britannico (sub 1342, f. 1, [9]). Se ne conoscono ancora tre portoghesi, delle quali una sola sicuramente a stampa (A serva amorosa, Lisboa, 1771). D’un’altra non offre che il titolo (Criada agradecida e a madrasta endiabrada) il Braga (Hist. do theatro portuguez. A baixa comedia e a opera. Seculo XVIII. Porto, 1871, p. 395). La terza si conseva ms. (Catal. dos manuscriptos da Bibliotheca publica Eborense. Lisb., 1868, 2 vol. p. 139, n. 5). In Germania tre anni innanzi a quella del Saal (1767, vol. VI) si stampò una traduzione anonima (The gutherzige Kammermagd Wien, 1764), che, come il frontespizio avverte, fu anche eseguita al Teatro di Vienna. Si ristampò due anni dopo.

Intorno a Francesco Albergati (1728-1804, n. e m. a Bologna) oltre alla alla bella monografìa di E. Masi (La vita i tempi gli amici di F. A. commediografo del sec. XVIII. Bologna, 1888), si leggano le curiose pagine che gli dedica Antonio Longo nelle sue Memorie (Venezia, 1820) e un articolo anche bibliograficamente notevole dell’Album di Roma (1 maggio 1841, pagine 67-69). Fu l’Albergati commediografo, attore, e per l’impegno onde offeriva la sua protezione, cercava gli omaggi di grandi e piccini come per i copiosi suoi carteggi, sembrò quasi un piccolo Voltaire bolognese. Scrittore teatrale l’arte sua «può dirsi resti tutta dentro la cerchia goldoniana» (Mazzoni, L’ottocento. Milano, p. 1 46). Ma più che alla modesta opera d’imitatore egli deve la vitalità del suo nome alle sue relazioni epistolari col Voltaire, come la simpatia che l’accompagna alla buona e sincera amicizia onde l’onorò Carlo Goldoni. A questa restano testimonianza, preziosa oltre ogni altra, circa quaranta lettere del Veneziano a lui (dal 26 luglio 1760 al 9 ottobre 1788), che formano così circa la quinta parte dello scarso Epistolario. I rapporti loro datano con ogni probabilità dalla primavera del 1752 (Masi, op. cit. p. 117). Emanazione diretta di tali rapporti possono dirsi quelli tra il Goldoni e il Voltaire. Questi il 24 settembre 1760 scriveva al primo: «La vostra amicizia mi onora, mi incanta. Ne sono obbligato al sig. Senator Albergati» (Masi, op. cit., p. 131). Oltre la dedica della S. a. il Goldoni gl’intitolò tutto il X volume dell’ediz. Pitteri contenente: Il cavaliere di spirito, L’apatista, La donna bizzarra e L’osteria della posta, lavori scritti per il suo teatro, ai quali si può aggiungere L’avaro, composto sì per altri filodrammatici bolognesi, ma sempre per far piacere all’Albergati (Cfr. Ediz. Pasquali, voi. IV, p. 238; ed. Pitteri, voi. X, p. 5). E questi dedicò al suo grande amico l’Ifigenia di Racine da lui tradotta (Scelta di alcune eccellenti tragedie francesi tradotte in verso sciolto italiano. Liegi [Modena], 1764, vol. 2.), ma con tale sfoggio di retorica