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di suocera e nuora, le due vipere, nella Famiglia dell’antiquario. Di sussurri poi e di maldicenze ben altro esempio avevano offerto i Pettegolezzi delle donne! Nè l’intervento del Dottor Balanzoni, tipo ormai logoro, sul palcoscenico, dell’avvocato azzeccagarbugli (Rabany, C. G. cit, 176), ravviva l’azione: nè la mania dei processi in famiglia nel Settecento, che si riflette tante volte nel teatro (dai Litiganti di Racine, 1668, a quelli di Alb. Nota, 181 1), e in quello pure di Goldoni, trova qui la sua satira. Il matrimonio di Rosaura e di Florindo, proposto da Ottavio, corre pericolo, come nel Cavaliere di buon gusto, per il puntiglio di Beatrice: ma questa volta la fanciulla ama davvero (degna di nota la sc. 12, A. I) e osa ribellarsi alla madre. Di qui il contrasto di Rosaura col fratello Lelio, il quale serve a compiere il quadro sociale di una casa in dissoluzione. Invano il buon Pantalone corre in pianelle da un appartamento all’altro, come nell’Antiquario, per quietare le tempeste, per ristabilire la concordia, agitando l’ulivo: «Xe giustà tutto, xe fenio tutto. Pase, pase. Sia benedetta la pase (III, 18)». La famiglia aveva provato le prime scosse della Rivoluzione imminente, e il pubblico non badava più ai predicozzi del Vecchio.

Noi ritroviamo in questa commedia, nel quinto anno, diremo così, della riforma, pochi mesi avanti il distacco del Goldoni dal Medebach, le quattro maschere tradizionali coi veri e propri nomi: e nomi fissi restano pur quelli degli altri personaggi, dei quali riconosciamo facilmente gli interpreti, e parecchie scene ci richiamano al teatro dell’arte, per es. le ultime, che succedono al buio (cfr. Uomo prudente ed Erede fortunata). Tuttavia l’autore cercò di avvicinarsi quanto mai alla commedia semplice e regolare (v. l’avvertenza), e non tralasciò l’insegnamento morale: solo riuscì freddo. Per questo i Puntigli domestici scomparvero subito dal teatro, nè si ha notizia di recite posteriori a Venezia o altrove: mentre invece una commediaccia dell’ab. Chiari, pure di questo tempo, che dalle birberie dei due servi (Arlecchino e Brighella) s’intitolava i Nemici del pane che mangiano, trovò grandissimo favore e continuò a recitarsi a soggetto fino al cadere della Repubblica. Gli stessi critici mostrarono quasi di non accorgersi di questa commedia, malaugurata certamente se un po’ di fortuna non avesse incontrato al di là delle Alpi: in Germania, dove fu tradotta dal Saal (t. IV, 1769) e ridotta da Lod. Enr. Nicolay (Königsberg, 1808 e 1811), e in Russia, dove si compiacque di uscire in veste slava (Pietroburgo, 1773). V. schedario ms. di Edg. Maddalena.

Il giovane patrizio Giulio Antonio Contarini, a cui furono dedicati i Puntigli, era nato ai 10 febbraio 1723 da Simone della contrada di S. Stin (poi a S. Stae) e da Maria Zustinian: fu Senatore, fu dei X, e andò Podestà a Padova. Del padre si leggono ampie lodi nelle storie (v. dedica). La lettera del Goldoni stampata dall’Urbani (Lettere di C. G., Ven., Ongania, 1880, p. 33), in data 17 apr. 1750, dove si parla di 5 volumi di commedie già «usciti in luce» e si ringrazia S. E. «tanto tanto», è senza dubbio apocrifa. Giac. Ant. Contarini, capitanio a Verona nel 1763, a cui fu dedicata l’ed. veronese della Buona figliuola, nella lontananza dell’autore, appartiene a un altro ramo della famiglia, che abitava nella contrada di S. Polo. Sul conte O. Arrighi Landini (n. a Firenze nel 1718), poeta estemporaneo e avventuriere, nominato nella lettera di dedica, oltre gli Scrittori d’It. del Mazzuchelli,