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LA FIGLIA OBBEDIENTE 449

Beatrice. Povero giovine! Se sapeste quanto me ne dispiace!1

Florindo. Per amor del cielo, raccontatemi come la cosa è andata.

Beatrice. Mi dispiace che è tardi. Mio marito mi aspetta.

Florindo. Credeva Rosaura che meco le fossero mancate gioje? Non sa ch’io sono figlio unico di un padre ricco?

Beatrice. Le ha fatto il Conte anche diecimila ducati di contraddote.

Florindo. Che contraddote? Sarebbe ella stata padrona di tutto il mio.

Beatrice. Già se ne pentiranno. Giuoco questa scatola d’oro, che se ne pentiranno.

Florindo. Il loro pentimento non medicherà le mie piaghe. Ah! signora Beatrice, voi sapete quanto ho amato Rosaura.

Beatrice. Lo so, lo so. Mi ha confidato ogni cosa.

Florindo. Apposta per lei sono andato a Livorno, son ritornato a Venezia.

Beatrice. Spesa, incomodi, patimenti: tutto per lei.

Florindo. Quante lagrime ho sparse a’ piedi del mio genitore, per ottenerla!

Beatrice. Lo credo in verità.

Florindo. In venti giorni ch’io manco, non credo aver dormito due notti.

Beatrice. Quando si vuol bene, si fa così.

Florindo. Pazienza2! Se l’ho da perdere, pazienza; ma che ella medesima si scordi di me con tanta facilità, non lo posso soffrire; sento che mi si spezza il cuore nel petto.

Beatrice. (Mi fa compassione davvero). (da sè

Florindo. Barbara! Ingrata! Tante promesse, tanti giuramenti, tante belle speranze! Oh cielo! Non posso più.3

Beatrice. Or ora fate piangere ancora me.

Florindo. E non vi è più rimedio? Ho da essere disperato? Pietà, signora Beatrice, pietà.

  1. Segue nell’ed. Pap.: «Flor. Non mi sarei mai creduto che Rosaura fosse capace d’abbandonarmi. Beatr. Ma! Volete tabacco? tira fuori la scatola d’oro. Flor. Per amore ecc.».
  2. Pap.: Pazienza in tutto.
  3. Pap. avverte: piange.