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LA FIGLIA OBBEDIENTE 477

Ottavio. (Guarda d’intorno, non vede, alcuno.

Brighella. Numeri dieci.

Ottavio. Non v’è altri.

Brighella. Se no i gh’è tutti, no se pol cavar.

Ottavio. Uh! (con disprezzo a Brighella) Scrivete.

Brighella. Scrivo.

Ottavio. Un ladro.

Brighella. Un ladro?

Ottavio. Sì, un ladro. Ecco il zecchino. (dà un zecchino

Brighella. Chi èlo sto ladro?

Ottavio. Lo conosco io.

Brighella. Un ladro. Ecco finido.

Beatrice. Questo ladro sarà il signor Conte.

Ottavio. Come?

Beatrice. Sì, perchè ha rubato il cuore alla signora Rosaura.

Ottavio. Brava, grassotta. Ah! Che dite? (a Rosaura

Rosaura. (Beatrice tien da chi vince). (da sè

Pantalone. Via, allegramente. (a Rosaura

Brighella. Adesso bisogna far i bollettini.

Ottavio. Li ho portati io fatti. Eccoli.

Brighella. Mettemoli in cappelli. (offre il suo cappello

Ottavio. Sporco. (tira fuori due fazzoletti puliti: mette i viglietti in uno e nell’altro. Ne dà uno a Rosaura, e l’altro a Beatrice.

Brighella. Chi caverà i viglietti?

Ottavio. Vi vorrebbe un innocente.

Beatrice. Io.

Ottavio. Grassotta, galeotta!

Pantalone. Vorla che fazza vegnir el mio puttelo de mezzà?

Ottavio. Sì.

Pantalone. Chiamè Tonin. (ad Arlecchino

Arlecchino. (Parte.)

Ottavio. Qui sono i numeri. Qui la grazia. E chi non ha la grazia, avrà qualche cosa.

Olivetta. Che cosa?

Ottavio. Una sentenza. Un motto. Una bizzarria. Sentirete.