Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/515

Da Wikisource.

LA FIGLIA OBBEDIENTE 499

SCENA XIV.

Pantalone e Rosaura col lume; poi Beatrice.

Pantalone. Perchè, fia mia, no t’astu messo le zoggie che t’ha manda sior Conte? Ti gh’averessi fatta una finezza a comparirghe davanti col so bel regalo.

Rosaura. Non mancherà tempo.

Pantalone. Col vien, vaghe incontra. Faghe veder che ti ghe vol ben. No ti gh’ha mai dà un segno d’amor.

Rosaura. Sì, signore, farò tutto quel che volete.

Pantalone. Càvete quei vanti.

Rosaura. Me li caverò, quando sarà tempo.

Pantalone. Ti sa che nol li pol veder quei vanti.

Rosaura. Veramente è pieno di stravaganze.

Pantalone. Ma el xe pien de bezzi.

Beatrice. Signor Pantalone, signora Rosaura, ridete.

Pantalone. Coss’è sta?

Beatrice. Monsù Brighella è in sala, che si dispera. Il suo servitore gli ha portato via ogni cosa. È restato miserabile, ed è là che fa rider tutti.

Pantalone. Chi è che ride del mal dei altri? Ste cosse no le posso soffrir: semo tutti soggetti a delle disgrazie, e no bisogna metter in redicolo chi le prova. Povero Brighella, vôi sentir come che la xe. Rosaura, adesso torno. Cara fia, quanto che ti me consoli, vedendote allegra e contenta. (parte

Rosaura. (Se mai la finzione è stata virtù, credo certamente che la sia questa volta). (da sè

Beatrice. Ehi! Sapete chi è in quel camerino?

Rosaura. Chi?

Beatrice. Zitto. Quel pazzo di Florindo.

Rosaura. Oh Dio! Come?