Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/117

Da Wikisource.

IL GELOSO AVARO 35

Eufemia. Ah signore auditore, sappiate...

Gismondo. So tutto, sono informato di tutto. Donna Aspasia, assicuratevi che donna Eufemia non ha ricevuto i regali de’ quali parlate. Rispettatela e formate miglior concetto di lei.

Aspasia. Eh signore auditore, ci conosciamo.

Gismondo. Che cosa vorreste dire?

Aspasia. A buon intenditor poche parole.

Gismondo. Spiegatevi.

Aspasia. Voglio trovarmelo anch’io.

Gismondo. Che cosa?

Aspasia. Un protettore che mi difenda.

Gismondo. Voi ne avreste bisogno per la vostra imprudenza; ma niuno sarà cotanto sciocco di proteggere una donna di tal carattere. Vergognatevi di voi stessa, e temete che dicasi di voi con giustizia ciò che d’altrui sognate senza ragione.

Aspasia. La non si scaldi, padron mio, la non si scaldi. Non dubiti che donna Eufemia non la toccheranno. Farò conto di non averla mai conosciuta, e se il signore auditore mi perderà il rispetto...

Gismondo. Cosa farete, signora?

Aspasia. Lo dirò a mio marito, e ci faremo bandir di Napoli, se bisogna. (parte)

SCENA XVIII.

Donna Eufemia, don Gismondo ed il Dottore; e poi Pantalone.

Gismondo. La compatisco; la passione la fa parlare.

Eufemia. Voi mi avete sollevata dal maggior peso di questo mondo, levandomi d’attorno queste due persone moleste.

Dottore. Adesso che questa gente è andata via, e che siamo soli, pensiamo a noi, signore auditore. Mia figliuola non può più vivere con suo marito, ho risoluto di condurla a casa mia. Che mi consiglia ch’io faccia?

Gismondo. Sì, è necessario di far conoscere al signor Pantalone