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192 ATTO TERZO

Dottore. Signor Pantalone riveritissimo, sono stato prevenuto da una sua imbasciata, nel tempo istesso che venivo per riverirla.

Pantalone. Scusè se v’ho incomoda...

Dottore. Fo umilissima riverenza alla signora donna Violante.

Violante. La riverisco. (sostenuta)

Pantalone. Scusè se v’ho incomodà. Me premeva de saver...

Dottore. L’esito della causa?

Pantalone. La xe donca spedia la causa?

Dottore. Certo, la causa è spedita, e l’abbiamo guadagnata; e la parte avversaria è stata condannata in tutte le spese.

Pantalone. Oe, cossa disela, siora donna Violante?

Violante. Oimè! temo che il signor Dottore ci voglia mascherare la verità.

Dottore. Come? Un affronto di questa sorta ad un uomo della mia qualità?

Violante. Ma non è questa la sentenza?...

Dottore. Il dottor Balanzoni è un uomo cognito ed esperimentato. (levando a donna Violante la sentenza, legge forte) Nos, et in causa vertenti etc. (borbotta) In tutti i tribunali si parla di me con stima, con rispetto e venerazione. Dicimus, pronunciamus etc. (come sopra) In tanti anni ch’esercito l’onoratissima carica dell’avvocato, ho sempre sostenuto il decoro della mia illibatissima professione.

Violante. Signor Dottore, lasciate parlare a me...

Dottore. Prima di parlare, bisogna pensare a quel che si dice.

Pantalone. Ve dirò con qual fondamento...

Dottore. Il fondamento della causa l’ho conosciuto, (come sopra) La causa è vinta, la sentenza è data. La copia è questa: leggetela, consolatevi, e del Dottore pensate bene, parlate bene e preparatevi di pagarlo ancora bene.

Pantalone. Cossa disela, siora donna Violante?

Violante. Questa sentenza ci dà torto, o ci dà ragione? (al Dottore)

Dottore. In che linguaggio l’ho da dire? Ci dà ragione, abbiamo guadagnato.

Pantalone. Sentela, siora donna Violante?