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228 ATTO PRIMO

Flaminia. Oh sì davvero! Non hai fatto poco. Mio padre, uomo sofistico, non può vedere nessuno. Come l’hai persuaso, Argentina?

Argentina. Non sapete che, quando io voglio, meno gli uomini per il naso? Il signor Pantalone principalmente per me farebbe moneta falsa.

Flaminia. Sì, è vero; anzi, per dirtela, mi è stato detto da più di uno che ti voleva sposare.

Argentina. Non signora; non conviene a una cameriera sposare un uomo civile, che ha ancora due figlie in casa.

Flaminia. Brava Argentina, ti lodo; hai delle buone massime.

Argentina. Ecco il padrone.

Flaminia. Ti raccomando volermi bene.

Argentina. Il mio bene vi può far poco bene.

Flaminia. Aiutami coll’amico.

Argentina. Oh, quello vi farà del bene.

Flaminia. Tu mi fai ridere. (parte)

SCENA IV.

Argentina, poi Pantalone.

Argentina. L’amore, per quel ch’io sento, è una cosa che fa ridere e che fa piangere. Io però finora non ho mai pianto; e spero che per questa ragione non piangerò. Io faccio all’amore, come si fa quando ascoltasi una commedia. Fin che mi dà piacere, l’ascolto; quando principia ad annoiarmi, mi metto in maschera e vado via.

Pantalone. Arzentina.

Argentina. Signore.

Pantalone. No se ve vede mai.

Argentina. Se aveste vent’anni di meno, mi vedreste di più.

Pantalone. Eh za, se fusse più zovene, ve darave in tel genio.

Argentina. Non dico per questo; dico, perchè non avreste bisogno d’occhiali.

Pantalone. Coss’è sti occhiali? Ghe vedo più de vu, patrona.