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LA CAMERIERA BRILLANTE 265

Argentina. Ma! ho paura che voi non c’entriate nell’aggiustamento.

Traccagnino. Chi l’ha fatto sto aggiustamento?

Argentina. L’ho fatto io.

Traccagnino. Co l’ave fatto vu, zonzèghe1 un capitolo per el servitor.

Argentina. Il vostro padrone vi darà danari, perchè andate a mangiare dove volete.

Traccagnino. El me padron, adess che l’è in conversazion, nol se recorda gnanca che mi sia a sto mondo.

Argentina. Bene: andate all’osteria; spendete, e fatevi rimborsare.

Traccagnino. Da chi?

Argentina. Dal vostro padrone.

Traccagnino. Nol me dà un soldo chi lo picca. El spenderà dei zecchini per farse creder un signor grando; ma per el povero servitor nol gh’ha gnente de carità.

Argentina. Poverino! vi compatisco. Ecco qui quel che fanno tanti e tanti di questi signori, che hanno più fumo che arrosto. Spendono tutto in grandezze. Abiti, trattamenti, divertimenti, e la servitù patisce; e non capiscono questa ragione, che la lingua dei servitori imbratta e lorda tutto quel lustro che per altra parte si fanno. Che importa il dire: da me si dà la cioccolata a chi viene? e i servitori cantano: non vi è vino, non vi è farina. Che serve il regalare per vanità, per fasto, quando i servitori si lamentano che non corre il salario? Credono che un bell’abito faccia onore, e dalla servitù si pubblica che si sta male di biancheria. Chi ha giudizio, fa quel che può: ma prima fa quel che deve. Meno boria fuori di casa, ma più sostanza in casa; perchè non s’abbia a dire di loro, quello che si suol dire al pavone:

«Belle penne, bel capo, e brutto piede:

«Lo nasconde talor, ma poi si vede. (parte)

  1. Aggiungetevi.