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L'AUTORE

A CHI LEGGE.1

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Q

UESTA Commedia si è recitata parecchie sere in Venezia con fortunato successo. Una persona rispettabile per ogni riguardo, si prese il piacere di criticarla, nè potea far cosa per me più onorevole, poichè, quantunque egli si protestasse benignamente averlo fatto per bizzarria di spirito, i suoi versi hanno eccitato un sì gran numero di difensori, che delle loro composizioni a favore del mio Filosofo potrebbe farsi un volume. Può essere che un dì si stampino, e faranno onore a me ed alle illustri penne che si sono per ciò adoperate. Due erano i punti principali della graziosa Critica. Il primo fondato sopra i due Impostori, l’Argentiere ed il Calzolaio, sull'immaginazione ch’io avessi inteso di rappresentare due Quacheri, e di ciò sta la mia giustificazione nella lettera precedente, e nell’annotazione al nome degli Attori2. Anche senza di questo, si sa comunemente che in ogni Religione, in ogni Corpo, in ogni Comunità, vi sono i buoni e i cattivi, onde se i due impostori della Commedia fossero effettivamente due Quacheri, sarebbero stati di quei cattivi, da’ quali non può essere oscurata la fama degli onorati, ma la cosa sta come ho detto, e la questione è finita. L’altro articolo della Critica si appoggiava all’azione forte del mio Filosofo verso la fine dell’atto quarto, ove trasportato il Milord da un eccesso di collera sino a minacciarlo colla spada, mostra il Filosofo la sua intrepidezza di animo, avanzandosi senza timore e senza difesa, con un tuono di

  1. Questa prefazione fu stampata la prima volta nel t. I (1757) del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. G., Venezia, Pitteri.
  2. Nell’ed. Pasquali, t. XII (1774), dove fu soppressa la lettera di dedica, si legge: «...ch’io avessi inteso di rappresentare due Quacheri. So esservi in Inghilterra un certo numero di persone conosciute sotto il nome di Quacheri, i quali in mezzo ad un certo modo di vivere estraordinario, conservano però le più rigorose leggi dell’onestà, immancabili alla fede de' loro contratti, nemici dell’adulazione e del fasto. I due impostori da me introdotti nella Commedia, nemici del mio Filosofo, sono due ignoranti fanatici, che per comparire distinti si gettano dalla parte più stravagante dei Quacheri, senza conoscere nè i loro principi, nè le loro leggi, nè i loro onesti costumi».