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316 ATTO PRIMO
Birone. Ben volentier, qual libro? Chiedilo, e te lo dono.

Gioacchino. Vorrei che tu mi dessi qualche cosa di buono.
Birone. Ti porterò un romanzo. In oggi, se nol sai,
Sono le favolette in voga più che mai.
Chi può stampar romanzi, libraio è fortunato;
E suol chi li compone passar per letterato.
(entra nella sua bottega)
Gioacchino. Anch’io, per dire il vero, li leggo con piacere.
Son cose all’età mia conformi, e al mio sapere.
Birone. Eccoti il libro.
Gioacchino.   Aspetta. Darti il caffè mi preme.
Birone. L’hai tu beuto ancora?
Gioacchino.   No, lo berremo insieme.
(va in bottega a prendere il caffè)
Birone. Ogni garzon per uso fa quel che facciam noi,
Tratta gli amici a spese delli padroni suoi.
Gioacchino. Eccol per tutti due. (porta due chicchere di caffè)
Birone.   Sediamo.
(siedono ciascuno alla sua panca)
Gioacchino.   Sì, sediamo.
Questo poco di bene, fin che si può, godiamo.
Birone. L’ora non è avanzata. Facciamla da signori,
Finchè arrivar si veggano i nostri seccatori.
Gioacchino. Uno ve n’è fra quegli, che ognor da noi si vedono,
Che parmi un ignorante, e pur molti gli credono:
Emanuel Bluk si chiama, uomo che fa il sapiente,
Ma intesi dir da molti, ch'è un furbo e non sa niente.
Birone. Da noi, per dire il vero, pratica gente buona:
Jacobbe Monduill merita una corona.
Filosofo, ma vero, non di quelli all’usanza,
Che per filosofia fan passsar l’increanza.
Gioacchino. Dicon però, che il vostro filosofo erudito
Da madama Brindè sia stato un po’ ferito.
Birone. Madama di Brindè, vedova letterata,
Della di lui virtude si dice innamorata.