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IL FILOSOFO INGLESE 337
Milord. Oh signor calzolaro, gli son bene obbligato.

Panich. Tu burli, e noi di cuore ti abbiamo salutato.
Milord. Qual novità vi porta uniti in questo loco?
So pur, che accompagnati andar solete poco.
Emanuel. Amiamo l’andar soli per acuir l’ingegno;
Ora ci siamo uniti per ben del nostro regno.
Vi sono cose grandi stampate in queste carte:
Milord, te pur vogliamo del nostro zelo a parte.
In mezzo ti prendiamo, non già per complimento,
Speriam che tu sarai del nostro sentimento,
Che un uomo ad un altro uomo usando un van rispetto,
Lo faccia per ischerno, o faccial con dispetto.
Panich. Ti abbiamo preso in mezzo, milord, perchè siam due;
Ognun senza fatica vuol dir le cose sue.
Per altro già si sa, che siam tutti del paro,
L’orefice, il milord, il sarto...
Milord.   Ed il somaro.
Panich. Se avesse come noi l’interno e la ragione,
Sarebbe anche il somaro di pari condizione.
Milord. La coda, gli orecchioni, gl’irsuti peli suoi,
Non lo distingueriano da Emanuel e da voi?
Panich. Sì, lo distinguerebbe...
Emanuel.   Basta così, parliamo
Di quel che preme, e il tempo prezioso non perdiamo.
Questo stampato foglio, lo dissi e lo ridico,
Offende il nostro regno, e il re ch’è nostro amico.
Distruggere vorrebbe l’economia perfetta;
Esalta delle mode la pratica scorretta.
Condanna il vestir soglio de’ nostri cittadini,
Consiglia il mal esempio seguir de’ Parigini.
Dice che non conviene ai nobili e agli artieri,
(Che già vuol dir lo stesso) vestir come i staffieri;
E trova gli argomenti, e trova la ragione,
Che ai sciocchi persuada la gala e l’ambizione.
Questo velen, pur troppo, serpe di tanti in seno;