Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/478

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466 ATTO SECONDO

Celio. Il cielo lo ha mandato. Spero che questo grand’uomo mi libererà; che importa ch’ei sia zoppo, ch’ei parli male, quando sa il suo mestiere? Me l’ha detto anche Traccagnino, che ha dei difetti.

Argentina. Eccolo ch’egli viene.

Celio. Veh, veh, pare Traccagnino medesimo.

Argentina. Se vi dico che si somigliano affatto.

SCENA IX.

Traccagnino da medico, zoppicando, e detti.

Traccagnino. Chi chi chi chi chi chi...

Celio. Che linguaggio è questo? (ad Argentina)

Argentina. Lasciamolo terminare.

Traccagnino. Chi chi chi chi chi è, che che che mi mi mi mi mi mi do do do do do do domanda.

Celio. È uno che tartaglia. (ad Argentina)

Argentina. Un poco, per quel che si sente.

Celio. Zoppo, e tartaglia.

Argentina. Ma è un uomo di garbo.

Celio. Sentiremo.

Argentina. (È un prodigio se non iscoppio di ridere). (da sè)

Celio. Sono io, signore, che ho incomodato vossignoria, perchè mi par d’aver male.

Traccagnino. Se se se se se se se se se...

Celio. Mi fa venir l’anticore.

Traccagnino. Se se se se se se se...

Celio. Se se se se; favorisca sentirmi il polso.

Traccagnino. Ma ma ma ma ma ma ma...

Celio. Presto, per carità.

Traccagnino. Ma ma ma ma ma ma male.

Argentina. (Che ti venga la rabbia). (da sè)

Celio. Come male? Ho tanto male? Signor dottore, che cosa minaccia il mio polso?

Traccagnino. Un apo apo po apopo...