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IL VECCHIO BIZZARRO 471

Celio. Ho speranza che diveniamo parenti.

Pantalone. Come?

Celio. Se mia nipote non vi dispiacesse..

Pantalone. V’ala dito gnentc de mi?

Celio. Mi ha parlato di voi con qualche passione.

Pantalone. (Oh che galiotta!) (da sè) Discorreremo.

Celio. Caro amico, volesse il cielo!

Pantalone. Se fosse seguro che la me volesse ben...

Celio. Credetemi, che ve ne vuole.

Pantalone. (Gnente no credo), (da sè) Anca mi no la me despiase.

Celio. Via dunque, che si facciano queste nozze.

Pantalone. Chi sa! Parleremo. (Gh’ho in testa che la se voggia devertir; ma se ela la xe dretta, gnanca mi no so gonzo). (da sè, e parte)

Celio. Eppure non mi pai di sentirmi quel gran male... Potrebbe darsi, che divertito dalle parole... Il polso come sta? Sbalza al solito. Se mai fosse vero quello che ha detto il medico? Se mi venisse un accidente? (sputa) Il medico non sarà ancora partito. (parte)

SCENA XIII.

Camera di Flamminia.

Flammibnia e Pantalone.

Pantalone. Permettela che abbia l’onor de riverirla?

Flamminia. Questo è un favore ch’io non merito. Chi è di là? (viene un servitore) Da sedere. S’accomodi.

Pantalone. La perdoni se vegno a darghe un incomodo.

Flamminia. Signore, torno a dirle che lo ricevo per un onore.

Pantalone. (La xe molto compita sta signora). (da sè)

Flamminia. Sono informata del di lei merito; e la gentilezza del di lei tratto supera la mia aspettazione.

Pantalone. Troppo onor, troppe grazie; mi no merito tanto. (No