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496 ATTO TERZO

Celio. Che cosa dovrei dire di più?

Traccagnino. Me par che doveressi dir: Vammi a ritrovare il signor Pantalone, che ti donerò un ducato.

Celio. Briccone; ti do il salario, e se voglio un servizio, ho da pagarti ancora?

Traccagnino. Quelle parole le ha una virtù simpatica, che me fa camminar più presto.

Celio. Va subito. Vammi a ritrovare il signor Pantalone.

Traccagnino. Che ti darò un ducato.

Celio. Che ti darò, se non vai, delle bastonate.

Traccagnino. Quelle le xe parole, che per antipatia le me impedisse de camminar.

Celio. Ti farò muovere con il bastone.

Traccagnino. Se me darò, ve vegnirà una sciatica in t’un brazzo.

Celio. (Sputa) Va via di qua.

Traccagnino. Se griderò, ve vegnirà la scaranzia1.

Celio. (Sputa) Va via, dico.

Traccagnino. Ve vegnirà la colica in tel cervello.

Celio. Sta zitto, briccone. (sputa)

Traccagnino. Se anderè in collera, deventerè paralitico.

Celio. (Sputa) Il diavolo che ti porti.

Traccagnino. Se chiamerè el diavolo, el ve porterà via.

Celio. (Sputa forte) Oimei. Vattene per carità.

Traccagnino. Via, vado. Za el ducato me lo darè.

Celio. Te lo darò. Vattene, te lo darò.

Traccagnino. Gnente paura, sior patron. Sì bello, san; gh’avè bona ciera.

Celio. In buon’ora, in buon punto lo possa dire, che il cielo mi conservi.

Traccagnino. El vostro mal l’è in tel cervello.

Celio. Sei un briccone.

Traccagnino. In buon punto, in buon’ora lo possa dire, che il cielo mi conservi. (parte)

  1. Angina: v. Boerio.