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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/71

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IL GELOSO AVARO 35

Argentina. No, facciamo così; non perdiamo tempo. Dammi intanto quello che tu hai, poi lo dirai a Brighella, e te ne farai donare un altro per te.

Traccagnino. E se nol me lo volesse dar?

Argentina. Fidati di me e non pensar altro. Sai chi sono. Non son ragazza capace di mangiarti un ducato.

Traccagnino. Tiò, tel dago colle lagrime ai occhi.

Argentina. (Quanto ci ha voluto! Me lo son guadagnato a forza di parole). (da sè.)

Traccagnino. El primo ducato che ho avù a sto mondo.

Argentina. Dimmi l’ambasciata che s’ha da fare alla nostra padrona.

Traccagnino. L’ha dit cussì Brighella...

Argentina. Ecco la padrona. Falle l’ambasciata, e non perder tempo.

Traccagnino. Tocca a ti, che ti ha avù el ducato.

Argentina. Aiuterò la barca; seconderò l’intenzione; faciliterò il il negozio. Vedrai che questa moneta me l’averò guadagnata.

SCENA II.

Donna Eufemia e detti.

Eufemia. Che fai tu in questa camera? Sai pure che il padrone non ti ci vuole. (a Traccagnino)

Argentina. Signora, egli ha da farle un’ambasciata.

Traccagnino. (Brava!) (dasè)

Eufemia. Un’ambasciata? Per parte di chi?

Argentina. Via, di’ alla padrona quello che tu devi dire.

Traccagnino. Che dirò, signora. Conossela Brighella, servidor de sior don Luigi?

Eufemia. Lo conosco. Lo manda forse donna Aspasia, di lui sorella?

Traccagnino. Gnora no. Lo manda proprio sior don Luigi con un bazil tanto fatto d’arzento, pien de cioccolata.

Eufemia. Un bacile di cioccolata? A chi la manda? (alterata)