Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/74

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70 ATTO SECONDO

Traccagnino. Gnora sì.

Argentina. Domanda, Traccagnino, alla padrona del ducato. E vero, signora, che è tutto mio, che a Traccagnino non ne tocca?

Eufemia. Certamente: questa è giustizia.

Traccagnino. De sta sentenza me ne appello.

Argentina. A qual tribunale?

Traccagnino. Al tribunal delle patrone che no recusa i regali. (parte)

Argentina. (Maledetto!) (da sè) Costui è uno stolido. Non sa che diavolo si dica.

Eufemia. S’egli è sciocco, non l’esser tu. Bada bene a non mi mettere in qualche impegno.

Argentina. Oh, signora mia, per me non c’è dubbio. Sapete la mia delicatezza in proposito di queste cose. Se vedessi l’oro tant’alto, non c’è dubbio che io vi parli.

SCENA IV.

Brighella con bacile, e dette.

Brighella. Servitore umilissimo. Padrona mia riveritissima.

Eufemia. Voi siete il servitore di don Luigi.

Brighella. Per servirla.

Argentina. (Oh peccato! tanta bella cioccolata!) (da sè)

Brighella. El me padron el ghe fa umilissima reverenza, e el la prega a degnarse de sentir un poca della so cioccolata.

Argentina. (Anche il bacile?) (piano a Brighella)

Brighella. (Sì). (piano ad Argentina)

Eufemia. Dite al vostro padrone che lo ringrazio infinitamente, che cioccolata io non ne bevo, perchè non mi conferisce allo stomaco; e riportatela dove l’avete presa.

Brighella. Cara signora, se la ghe fa mal, la beverà la so cameriera.

Argentina. Certo; a me non fa male.

Eufemia. M’avete inteso? Ve ne potete andare.