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L'IMPOSTORE 151


Orazio. (Ecco il motivo per cui la fanciulla si è ritirata). (da sè)

Ottavio. Vossignoria che pretende da mia sorella? (ad Orazio)

Orazio. Io? Nulla, signore. La domandava il fratello vostro.

Ottavio. Rispondetemi, sciocco, per qual motivo volevate voi ch’ella qui venisse? (a Flamminio)

Flamminio. Voleva che venisse...

Orazio. (Gli fa de’ cenni, perchè non parli di lui.)

Flamminio. No, non voleva che venisse. (non intendendo Orazio)

Ottavio. Ma se vi ho inteso chiamarla; perchè l’avete chiamata? (a Flamminio)

Flamminio. L’ho chiamata...

Orazio. (Come sopra.)

Flamminio. L’ho chiamata, e non l’ho chiamata. (come sopra)

Ottavio. (Accorgendosi della soggezione di Flamminio, si volta a un tratto, e vede qualche gesto di Orazio, il quale cerca di coprirlo, componendosi.)

Orazio. (Vorrei uscirne a bene, se io potessi). (da sè)

Ottavio. Il signor capitano saprà meglio dirmi di questo stolido, per qual motivo accostavasi mia sorella.

Orazio. Io posso dirvi soltanto il motivo che qui mi ha condotto, ed è la riscossione d’una cambiale di tremila zecchini.

Ottavio. Chi la deve pagare?

Orazio. Il signor Pantalone.

Ottavio. (Prima ch’egli la paghi, ci voglio essere ancora io). (da sè)

Flamminio. Ma che deve importare a voi che venga qui mia sorella? (ad Ottavio)

Ottavio. Vi ha forse pregato il signor capitano, che la faceste venire?

Orazio. Signore, io non so nulla, io non l’ho richiesto di questa cosa.

Flamminio. Oh, non dite bugie, che il cielo vi gastigherà. (ad Orazio)

Orazio. Mi maraviglio di voi. (a Flamminio)

Flamminio. Ed io mi maraviglio di mio fratello, che è venuto più presto di quello doveva venire; che se tardava mezz’ora, voi le avreste parlato, senza che nessuno avesse saputo niente.