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162 ATTO SECONDO


Pantalone. Me maraveggio, patron, son un galantomo, e se la compassion che gh’ho per el Dottor, fa sospettar de mi, son qua, son pronto a mantegnir la mia parola, e accetto la sigurtà.

Dottore. (Un’altra nuova). (da sè)

Orazio. Basta, in ogni forma; non deggio io accettare un’oblazione forzata del signor Dottore.

Dottore. (Se ha riputazione, non la deve accettare). (da sè)

Ridolfo. Caro signor colonnello, caro amico, vero e leale che siete; vi supplico, vi scongiuro, accettate l’esibizione di mio fratello. Credetemi, lo fa di buon cuore, lo fa per debito, lo fa per gratitudine all’amor vostro. Accettatela per amor del cielo. (ad Orazio)

Dottore. (Si può sentir di peggio?) (da sè)

Orazio. Orsù, non voglio col mostrarmi ostinato far torto alla vostra buona amicizia. Accetterò le grazie del signor Dottore.

Dottore. (Obbligato della finezza). (da sè)

Pantalone. (Dottor, i ve fa far el latin a cavallo). (piano al Dottore)

Ridolfo. Ecco accomodato ogni cosa. Mio fratello fa la sicurtà per il signor colonnello; il signor Pantalone l’accetta; il signor colonnello è contento; si stenda il contratto, e si facciano queste nozze.

Pantalone. Bisogna dir qualcossa alla putta.

Orazio. Ma fatela una volta venire. Parmi che oramai mi sia lecito di vederla.

Pantalone. Adessadesso se sentirà...

Ridolfo. Anderò io a chiamarla. (in atto di partire)

Pantalone. No la se incomoda, che anderò mi. (lo trattiene)

SCENA VII.

Ottavio e detti.

Ottavio. Signor padre, siamo in un grande impegno.

Pantalone. Cossa xe sta?

Ottavio. Fabio Cetronelli, penetrato avendo che vogliasi a lui mancar di parola, per dar Costanza in isposa al signor colon-