Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/199

Da Wikisource.

L'IMPOSTORE 191


merlo per obbedienza la xe una bella virtù, el xe un effetto d’un’ottima educazion.

Dottore. Bravissimo, signor Pantalone.

Ridolfo. Basta, sia comunque esser si voglia, il reggimento è completo, e domani lo vedrete squadronato colle bandiere.

Dottore. Se pur è vero.

Ridolfo. Maledettissima ostinazione! Ecco qui il signor colonnello.

SCENA XV.

Orazio e detti.

Orazio. (Misero me! Son perduto!) (da sè, confuso)

Ridolfo. Mi rallegro con voi, signor colonnello.

Orazio. Di che, signore?

Ridolfo. Dell’arrivo fortunato di tutta la vostra gente. Ora il reggimento sarà completo.

Orazio. Sì, è completo. (confusamente)

Pantalone. Ma i abiti, patron? I dise che la zente è vestida.

Orazio. Sì, è vestita... ma vestiario vecchio... Domani li vestirete voi.

Pantalone. Voleva ben dir mi!

Dottore. Che ha, signor colonnello, che mi pare un poco confuso?

Orazio. Vi pare poco imbarazzo questo? Arrivarmi a ridosso tanta gente, e queste cambiali nessuno le vuol pagare? Signor Pantalone, ho bisogno di denaro.

Ridolfo. Bisogna dargliene, signor Pantalone.

Pantalone. E i abiti?

Orazio. Per gli abiti si parlerà. Ora vuol esser denaro.

Ridolfo. Denaro vuol essere, e non parole. (a Pantalone)

Pantalone. Denaro, denaro! A proposito di denaro, anca mi, signor, aspetto lettere dal corrispondente.

Orazio. Che lettere? Mi maraviglio di voi. La cambiale è a vista; pagatela o, giuro al cielo, mi farò giustizia colle mie mani.

Ridolfo. Pagatela, signor Pantalone, che sarà meglio per voi.

Pantalone. Come! In casa mia prepotenze?