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Clarice. Perchè in oggi nessuno lo ascolta più.

Flaminia. No, se fosse uno di que’ soliti, antichi, fatti apposta per seccare il genere umano.

Clarice. E qualche cosa di buono?

Flaminia. Io non giudico se sia buono o cattivo. Sono cinque ottave che non mi dispiacciono.

Clarice. Potrei sentirle io?

Flaminia. Una l’ho detta. Proverò le altre, e le sentirete.

          Odomi dir: quai merci a noi recate,
          Perduti i marinara, stanco il pilotob?
          Risponderò: Fra le procelle andate
          Chi resse al mar, chi si è salvato a nuoto.
          Poche merci da poi fur caricate,
          Ma il naviglio non vien del tutto vuoto;
          Se il fato le ricchezze a noi contrasta,
          Vi sarà quel che lice e quel che basta.

Clarice. Fermatevi un poco, per cortesia. Vi sarà quel che lice e quel che basta? Badate bene come v’impegnate, signora Flaminia. Vi sarà quel che lice, va bene, perchè, nelle circostanze in cui siamo, si farà tutto quello che si potrà. Ma Vi sarà quel che basta, non mi par ben detto. Il pubblico mai dice basta, e vi vuol troppo a saziare l’avidità dei curiosi.

Flaminia. Noi abbiamo che fare con un pubblico assai discreto. Compatirà le nostre disgrazie; ci darà animo a ripararle, e forse forse non sarà di noi discontento. Sentite quel che devo dire all’udienza nella terza ottava. Suggeritore, a voi.

Ottavio e Florindo.

Ottavio. Signore mie, conviene sbarazzare la scena. L’ora si avanza, e ci converrà dar principio.

Flaminia. Lasciatemi terminar di provare il prologo.

  1. Allude ai due personaggi perduti.
  2. Allude al poeta, che fu in quell'anno da lunga malattia oppresso1.
  1. Vedasi specialmente la pref. alla Donna volubile, nel vol. VI. della presente edizione, e la dedica della Donna vendicativa, nel vol. IX.