Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/255

Da Wikisource.

LA MADRE AMOROSA 245


Aurelia. Io? come?

Lucrezia. Non le avete insegnato altro che a farsi i ricci, ed a vestirsi con attillatura.

Aurelia. Ad una dama non conviene andare come una serva.

Lucrezia. Che dama? Le dame che non hanno denari, diventano presto pedine.

Aurelia. In casa degli avari sempre si piange.

Lucrezia. Signora cognata, voi mi farete perdere la pazienza.

Aurelia. Siete gente incivile.

Lucrezia. Siete superba, vana, insoffribile.

Aurelia. Se avessi in Napoli i miei parenti, non parlereste così.

Ermanno. I vostri parenti non ci farebbero punto paura.

Aurelia. Rendetemi conto dei frutti della dote di mia figliuola.

Lucrezia. Ho tanto di testa. Non mi stordite di più.

Aurelia. E se non lo farete di buona voglia...

Lucrezia. Andate via, signora cognata.

Aurelia. Troverò chi ve lo farà fare per forza.

Ermanno. La cosa va un poco lunga.

Aurelia. Rispondetemi a tuono.

Lucrezia. Vi risponderò un’altra volta. (parte)

Ermanno. Sì signora, un’altra volta. (parte)

SCENA X.

Donna Aurelia sola.

Questa campana non la vogliono sentire. Gente sordida, avara: so io quel che farò. Povera la mia figliuola! vorrebbero assassinarla, ma finchè io viva, non riuscirà loro certamente di farlo. Ma ella, che sempre è stata obbediente alla madre, come ora poteva indursi ad un tal passo senza da me dipendere? Nol credo ch’ella vi consentisse. L’averanno tentata i zii scaltri, avari, ingannatori; ma non sarebbe stato possibile che Laurina avesse fatto un sì gran torto a sua madre che l’ama: ad una madre amorosa, che darebbe per lei quel sangue da cui è stata con tanta pena e con tanto amore nutrita. (parte)