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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/292

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282 ATTO TERZO


Ermanno. Lo dite voi, che li pagherà; ma mille ducati non sono mille soldi.

Notaro. A proposito di mille ducati, vi ho da parlare, signor don Ermanno.

Ermanno. Che cosa avete a dirmi?

Notaro. Vi è un galantuomo che avrebbe per l’appunto bisogno di mille ducati. Se voi vi sentiste di darglieli, sarebbe un buon negozietto.

Ermanno. Chi è questi che li vorrebbe?

Notaro. Non vuol essere conosciuto.

Ermanno. Non sarebbe già il signor Florindo?

Notaro. Oh pensate! È uno di fuori, che è venuto apposta in Napoli per questo affare.

Ermanno. E come li vorrebbe questi denari?

Notaro. Li vorrebbe sopra questo gioiello.

Ermanno. Vediamolo. (si mette gli occhiali) Lo vuol vendere per mille ducati?

Notaro. Caro signor don Ermanno, voi so che di gioje ve ne intendete: vi pare che lo volesse vendere per mille ducati?

Ermanno. Che dunque intenderebbe di fare?

Notaro. Intenderebbe di dare il sei per cento.

Ermanno. Tenete il vostro gioiello.

Notaro. Via, anche l’otto.

Ermanno. Non ho denari, amico.

Notaro. E quando non si potesse fare a meno, darebbe anche il dieci per cento.

Ermanno. Lasciate vedere quel gioiello.

Notaro. Eccolo.

Ermanno. Via, gli daremo ottocento ducati...

Notaro. No, devono esser mille, e si pagherà il dieci per cento.

Ermanno. Per un anno?

Notaro. Per un anno.

Ermanno. E terminato l’anno?

Notaro. E terminato l’anno...

Ermanno. Se non paga?