Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/354

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342 ATTO SECONDO
Creusa.   Obbedisco.

Livia.   E gli occhi tieni al disegno intenti.
Creusa. (Quando avran fine, o numi, gli spasimi e i tormenti?)
(da sè)

SCENA XI.

Lelio e detti.

Lelio. Venere a Livia doni pace, salute e sposo.

Livia. Marte a Lelio compensi l’augurio generoso.
Lelio. Di Cerere nel tempio gli edili han ragunato
In ordin de’ comizi il popolo e il senato;
Tribuni e magistrati, ciascun Terenzio noma.
Vanne; Lucan ti aspetta; tu sei l’amor di Roma.
(a Terenzio)
Terenzio. Vado. (in atto di partire, mirando Creusa)
Creusa.   Mi lasci? (a Terenzio)
Livia.   Ardita! A che ti sprona il cuore? (a Creusa)
Quella che in lei tu vedi, è invidia e non amore.
(a Terenzio)
Terenzio. Il mio dover mi porta ’ve il mio signor mi chiama.
Conosco chi m’adula, discerno chi ben ama.
Secondino pietosi i numi il mio disegno;
Del cuor che ha maggior pregio, il ciel mi renda degno.
(parte)

SCENA XII.

Livia, Creusa e Lelio.

Livia. (Se libero è Terenzio, degno sarà del mio). (da sè)

Creusa. (Colpa non ha il mio cuore, se misera son io), (da sè)
Livia. Vanne, Creusa.
Creusa.   Dove?
Livia.   Dove a te dissi, e quando.
Chiuditi, e d’uscir fuori s’aspetti il mio comando.