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TERENZIO 375


SCENA VII.

Lucano solo.

Facil non è che in Roma giunga d’Atene il Greco.

L’amabile nipote libera vivrà meco,
E per render contento il cuor della ritrosa,
Sarà, se lo consente, d’un mio cliente sposa.
È ver, colle sue nozze potrei me far felice,
Ma a un senator romano sposar greca non lice.
Onde fra le due pene che a sofferir mi resta,
Anzi che da me parta, soffrir mi eleggo questa.
Fabio sarà opportuno; Fabio delle mie mani
Riceverà la sposa; non anderan lontani.
Di cariche ed onori farò sien decorati,
Fabio potrà con fasto passar fra i candidati;
E la novella sposa, che ha virtù sovrumane,
Farà con ricche vesti invidia alle Romane.
Quel che per lei mi parla con tenerezza al cuore,
Non so se dirlo io deggia pietade, ovver amore.
E quando amor ei fosse, dir non so di qual sorte;
So ben che più d’ogn’altro è violento e forte;
So che sperar non deggio quel che al dover contrasta,
Ma resti meco almeno, ma si vagheggi, e basta. (parte)

Fine dell’Atto Quarto.