Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/405

Da Wikisource.

TERENZIO 393

E tre giorni appresso: «Voi vedrete che non mi toccherà a vedere il Terenzio». — Che la commedia piacesse, non ostante la fiacca recitazione, ci conferma un sonetto anonimo del famoso codice Cicogna MDCCCLXXXII-2395 (già Swajer) del Museo Civico Correr di Venezia, che porta per titolo Li redivivi applausi del Sig. Dott. C. G. per la nuova Comedia il Terenzio; e comincia: «Ecco risorto qual novello Anteo - Vigoroso vieppiù dalle cadute, - Polisseno ecc.». Buon successo, ma non già un trionfo. «Per esempio osservemo, el so Terenzio e el Tasso - Compatie le xe stade, ma no le ha fatto chiasso» dice il Complimento fatto al popolo dalla prima donna (ed. Pitteri, IV, 347) l’ultima sera del carnovale 1755. E la lettera dei 5 aprile al conte Arconati: «Due sono state accette assaissimo alle persone dotte, cioè il Terenzio ed il Tasso». Quante erano le persone dotte?

Non tutti, si capisce, erano rimasti persuasi. Cert’altro anonimo, devoto all'abate bresciano, brontolava un po’ indispettito che quella produzione facevagli l’effetto d’una predica:

          Ma quel gran bel 'Terenzio, che tanto se decanta,
          no xela una Comedia da Settimana Santa.
               I crede che consista a far una Comedia
               far certi discorsoni che el popolo s’attedia.
          Che i vaga ben o mal, purchè i possa mostrar
          che i ha letto delle Istorie, no i pensa de seccar.

Guai se l’avesse fatto il Chiari! Tutti direbbero «che el xe una seccaria».

          Se diria che l’Eunuco in aria di ruffiana
          xe messo per dir cosse da dir in Carampana....
               Che i altri personaggi i xe de mala razza
               e che (ghe?) xe do episodi pettai colla spuazza.
          Che nasse come un fongo quel Grego in t’un canton...

Si direbbe che Terenzio tradisce il padrone, si direbbe che il titolo è Terenzio e il protagonista è Lucano. Ma basta che non sia del Chiari, e tutto va bene.

Anche l’ineffabile Ecc. Zorzi Baffo volle sfogarsi, e fece le sue confidenze «al Sig. Anzolo Pasinello», al libraio, editore dei romanzi del Chiari:

          Pasinello, vo’ darti in un sonetto
          ragguaglio del Terenzio: veramente
          ad un amico mio non spiacque niente,
          diede a me qualche scena un gran diletto.
               Nel restante provai noia e dispetto,
               o perchè mal diceanla quella gente,
               o perchè gli episodi intieramente
               staccati son dal principal soggetto.
          Mi spiacque di Terenzio poi l’azione
          ch’essendo il suo signor ver lui sì umano
          egli in cambio lo inganni da barone.
               La commedia è il Terenzio, ed è Lucano
               quello che in fatti vince ogni passione,
               tal che di lor non so a chi dar la mano. (cod. cit.)