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464 ATTO QUARTO
E quando le se sconde, allora vien la voggia;

Par che sotto el zendà se sconda qualche zoggia.
Se ghe va drio bel bello per Marzaria, per Piazza,
E po? e po se scovre qualche brutta vecchiazza.

SCENA II.

La Marchesa Eleonora ed il suddetto.

Marchesa. (Il veneziano è questi, che amico è di Torquato).

Tomio. (Ola! che bel caetto! Tomio, no far el mato).
Marchesa. (Sentirei volentieri se parte il nostro autore).
Tomio. Servitor umilissimo.
Marchesa.   Serva di lei, signore.
Tomio. La scusi, la perdoni; son qua per accidente.
Marchesa. S’accomodi.
Tomio.   Obbligato.
Marchesa.   Serva sua riverente.
Tomio. Se è lecito, ela èla de Corte?
Marchesa.   Sì signore.
Son della Principessa prima dama di onore.
Tomio. Me ne consolo.
Marchesa.   Dite, viene con voi Torquato?
Tomio. Spero de sì.
Marchesa.   Lo renda il ciel più fortunato.
Tomio. El lo merita in fatti.
Marchesa.   Lo merita, egli è vero.
Spiacemi che in Ferrara provi il destin severo;
Ma quei che per invidia cercano il di lui danno,
Forse d’averlo offeso un dì si pentiranno.
Tomio. La parla con bontà del nostro autor novello.
Sento che la lo stima.
Marchesa.   Per giustizia favello.
Tomio. Col dir fazzo giustizia, la ghe fa un bell’onor;
Ma se ghe zonze gnente de bruseghin de cuor?