Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/52

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46 ATTO SECONDO
Madama. Da chi?

Stanga.   Da don Maurizio.
Madama.   Digli ch’egli è sortito.
Ma... aspetta. (Che mai puote voler da mio marito?)
Son curiosa). (da sè) Va, digli che ci son io, che onore
Mi farà s’egli passa, ch’io l’avrò per favore. (Stanga va via)
Chi sa ch’egli non tenti, spronato dalla figlia,
La pace per vendetta turbar1 di mia famiglia?
Se accorgermi potessi ch’ei ciò tentasse, il giuro...
Ma in tempo egli è venuto che il Conte più non curo;
E posso cautamente con lui giustificarmi,
Merto acquistando, allora ch’io penso a vendicarmi.

SCENA VII.

Don Maurizio, Stanga e la suddetta.

Maurizio. Madama. (inchinandosi)

Madama.   O mio signore, qual onore è mai questo?
Presto una sedia.
Maurizio.   Io sono...
Madama.   Un’altra sedia, presto.
(Stanga dà le sedie, e parte)
Favorite. (lo vuol far sedere alla dritta)
Maurizio.   Madama, così non si sta bene.
Madama. No, signor, favorite. So quel che mi conviene. (siedono)
Sortito è don Alessio; ma se comandi avete,
Senza riguardo alcuno esporli a me potete.
Comuni son gli arcani, comuni son le voglie
In questa casa nostra ha il marito e la moglie.
Maurizio. Invidiabil fortuna! felice matrimonio,
Dove della discordia non penetra il demonio!
Volesse il ciel, che tale fosse quel di mia figlia;
Ma il Conte è giovinotto, non pensa alla famiglia.

  1. Guibert-Orgeas e Zatta: sturbar.