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IL FESTINO 47
Madama. Il Conte, per dir vero, non ha molto giudizio;

Se libera favello, perdoni don Maurizio.
Egli è genero vostro, ma d’esserlo non mostra;
Ha una consorte degna, onor dell'età nostra;
Fa torto ad ambidue la vita ch’egli mena.
Ecco qui: questa sera dà un ballo ed una cena!
Non dico ch’ei non possa spender cento zecchini,
Ma mormoran di lui gli amici ed i vicini;
E dicono (io non soglio entrar ne’ fatti altrui),
Dicono ch’ei rovina la casa e i beni sui.
Maurizio. Madama, una tal frase mi giunge inaspettata.
Al ballo ed alla cena voi pur siete invitata;
E so...
Madama.   Mi maraviglio; non vado alla sua festa.
Chi avesse un tal pensiero, sel levi dalla testa,
Lo so che il mondo parla di me senza rispetto;
Il Conte non vedrete venir più nel mio tetto.
Finor, se lo trattai, lo feci in mezzo a tanti
Che vengono a graziarmi, amici e non amanti1.
Appena me ne accorsi ch’egli era il più osservato,
Signore, immantinente gli diedi il suo commiato.
Non son di senno priva, non vuò fra le mie soglie
Un uom che per me faccia temer la propria moglie.
Vi prego alla Contessa parlar per parte mia.
Ella mi fa gran torto, di me se ha gelosia.
Però la compatisco, e voglio esserle amica,
E vuò che il mondo insano lo sappia, e si disdica.
Pur troppo il mondo è pieno d’inganni e di malizia;
Ma cavalier voi siete, mi farete giustizia.
Maurizio. (Le credo, o non le credo?) (da sè) Madama, io non saprei..
Dell’espressioni vostre temer non ardirei.
Solo dirò che lodo il vostro pensamento
Di non andar stassera a un tal divertimento.

  1. Guibert-Orgeas e Zatta: e amici, non amanti.