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I MALCONTENTI 257


Roccolino. Ora sono le diciassette in punto. (guardando l’orologio) Con permission di madama. Scaricate la valigia costì. (al servitore)

Leonide. Se volete lasciar qui la valigia, siete padrone di farlo.

Roccolino. La mia valigia non si allontana da me.

Leonide. Dunque fatela portar con voi.

Roccolino. Non signora, io resterò con essa.

Leonide. S’intende che vogliate restar qui dunque?

Roccolino. Son di madama dall’alba di questo giorno, sino alla sera che si ritornerà di campagna.

Leonide. Ma oggi si starà male da noi; il cuoco non ha preparato niente.

Roccolino. Non potrò mai star male, se io starò alla condizione di madama.

Leonide. In verità, dovreste andare dalla signora Costanza e dalla signora Vittoria, ad avvisarle che sino al dopo desinare non si parte.

Roccolino. Come volete ch’io faccia, signora, a muover i passi con queste macchine ai piedi.

Leonide. Perchè caricarvi co’ stivalacci di peso?

Roccolino. Per non mi rovinare le gambe, perchè, ogni volta ch’io vo a cavallo, son soggetto a cadere tre o quattro volte almeno.

Leonide. E dov’è il vostro cavallo?

Roccolino. Il signor Ridolfo mi ha promesso di provvederlo.

Leonide. Vi abbiamo anche da pagar il cavallo dunque?

Roccolino. Solite grazie, solite finezze di tutti quelli che mi conducono a villeggiare.

Leonide. In fatti non è poca fortuna per noi quest’anno avere in nostra compagnia il signor Roccolino. Tutti lo vogliono, tutti lo bramano.

Roccolino. Io certo, non fo per dire, ma sono il condimento delle più belle villeggiature. Se si tratta di ballare, io ballo minuetti, furlane, con suoni, senza suoni, con chi ne sa, con chi non ne sa; e quando ballo io, tutti ridono, che si sma-