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304 ATTO TERZO


Grilletta. La signora Leonide.

Felicita. Oh bellissima! viene a tempo.

Grilletta. Vado a ripor queste robe. Dica forte, che sentirò ancor io. (parte)

SCENA XIII.

La signora Felicita, poi la signora Leonide, poi Grilletta.

Felicita. Pare che il demonio l’abbia mandata a posta.

Leonide. Compatisca, signora Felicita, è qui mio fratello?

Felicita. Non l’ho veduto, signora.

Leonide. Dove diamine si è cacciato? In casa non si trova: mi è stato detto ch’egli sia col signor Grisologo.

Felicita. Io non ho veduto nè l’uno, nè l’altro.

Leonide. Mi vuol far disperare questo mio fratello.

Felicita. Quando va di fuori, signora Leonide?

Leonide. Tutto è pronto, e non trovasi il signor Ridolfo.

Felicita. Il signor Ridolfo non sarà lontano. Ma mi dispiace darle una cattiva nuova.

Leonide. Che vuol dire, signora?

Felicita. Vuol dire, che il signor Ridolfo per ora non anderà più in villa, e a lei toccherà star qui, poverina.

Leonide. Come! dice davvero? Che cosa mai gli è accaduto?

Felicita. Credo che sia per una picciola difficoltà.

Leonide. Ma perchè mai?

Felicita. In confidenza, in segno di vera amicizia; già nessuno ci sente. Credo sia perchè gli manchino de’ quattrini.

Leonide. Mi maraviglio, non può essere. Casa nostra non è in questo stato; s’ingannerà, signora.

Felicita. Non occorre farsene maraviglia. A tutti qualche volta può mancare il denaro. E guai a chi manca. Casa sua, per esempio, paga tutti con tanta pontualità; e una sol volta che non ha potuto pagare il sarto monsieur Lolì, dice cose colui,