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LA BUONA FAMIGLIA 351


Costanza. Ne ha mangiato abbastanza. Non vo’ che le faccia male.

Isabella. Mi desta i bachi la roba dolce.

Anselmo. Via, date qui. Se nessuno la vuole, la mangerò io.

Lisetta. Io non ho detto di non volerla.

Anselmo. Ghiotta! metà per uno. (divide la torta fra lui e Lisetta1)

Lisetta. Grazie, signor nonno.

Anselmo. Tutti mi dicono nonno. Anche fuori di casa, quando arrivo dallo speziale, dal libraio, da mio compare, mi dicono il nonno. Ma io non me ne ho a male: lo dicono per amore. Fabrizio, è egli vero che siete andato per una lite?

Fabrizio. Non è lite, se vogliamo; ma mi vogliono mancar di parola, ed io intendo che mi si mantenga il contratto.

Anselmo. Non litigate, per amor del cielo; che all’ultimo, ancor che vi diano ragione, tutto il guadagno anderà nelle spese. Mangiamoci in buona pace quello che abbiamo, che per grazia del cielo ci basta, e non istiamo da noi medesimi a procurarci delle inquietudini per avere di più.

Fabrizio. Questa volta c’entra un po’ di puntiglio, per dir il vero.

Anselmo. No, no, puntigli; no, figliuolo mio, non abbadate a puntigli. Se ci avessi badato io ai puntigli, non sarei arrivato a quest’età, grazie al cielo, sano e robusto come mi trovo. Se vi fanno un insulto, una soverchieria, la vergogna è sempre di loro. Quando il mondo sa che siete un galantuomo, che non meritate di essere trattato male, peggio per quelli che vi fanno la cattiva azione. Che vi può fare il puntiglio? Scaldarvi il capo e mettervi dalla parte del torto. Volete illuminare e convincere chi vi fa del male? Date loro tempo di riflettervi sopra: credetemi, che le coscienze sono giudici di se medesime, e presto o tardi, chi opera male s’ha da pentire d’averlo fatto.

Costanza. Ascoltatelo bene vostro padre, che in verità non può dir meglio di quel che dice.

Fabrizio. Ho sempre fatto a modo vostro, signore, e me ne son trovato contento. Lo farò ancora nell’avvenire. Se l’amico mi

  1. Nel testo, per errore è stampato Isabella.