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LA BUONA FAMIGLIA 411

medesimo... Eccolo, che lo vedo venire. Rasserenatevi, nuora, rasserenatevi per carità.

Costanza. Signore, che mi si tolga la vita, ma non l’amore di mio marito. (piangendo)

Anselmo. Via, per amore del cielo, non vi fate scorgere; non date ombra ai vostri figliuoli.

Costanza. Non mi ricordo d’aver figliuoli ora; mi preme dell’amore di mio marito.

Anselmo. (Oh amor coniugale, sei pur invidiabile, quando sei di quel buono!) (da sè)

SCENA XV.

Fabrizio colle gioje, e detti.

Fabrizio. Eccovi servito, signore. Queste sono le gioje datemi dal signor Raimondo.

Anselmo. Mi avete portato altro?

Fabrizio. Che altro vi doveva portare?

Anselmo. Che altro? Quello che voi solo dar mi potete; e nell’età in cui sono, mi abbisogna assai più del pane. Caro figlio, la pace, la tranquillità, l’amore.

Fabrizio. Cose tutte, che dal canto mio ho procurato sempre di custodire in casa gelosamente; e la mia mala fortuna me le rapisce.

Anselmo. No, non è vero...

Costanza. Se son io la mala vostra fortuna, spero che il cielo ve ne libererà quanto prima.

Anselmo. Non occorre che così diciate... (a Costanza)

Fabrizio. Avreste voi cuore d’abbandonarmi?

Anselmo. No, non è possibile. (a Fabrizio)

Costanza. Farà ch’io vi abbandoni la morte, che non mi pare da me lontana.

Anselmo. Via, dico.

Fabrizio. Può essere ch’io vi prevenga.

Anselmo. Sei pazzo?