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IL RAGGIRATORE 143


Arlecchino. Se no avesse fallà; ma no crederla.

Metilde. Non vi disse di darmi una scatoluccia d’avorio?

Arlecchino. Per dir la verità, gh’aveva da dar anca la scatola.

Metilde. Una scatola quadrata.

Arlecchino. Quadrata.

Metilde. Bassina.

Arlecchino. Bassina.

Metilde. Con il coperchio miniato.

Arlecchino. Miniato.

Metilde. Questa l’ha nelle mani mia madre.

Arlecchino. Oh cospetto del diavolo! la gh’ha so siora madre?

Metilde. Senz’altro. L’ho veduta poco fa nelle di lei mani: e quando se n’è accorta ch’io la vedeva, l’ha rimpiattata.

Arlecchino. Vardè, quando che i dise dei accidenti del mondo!

Metilde. Ma come può essere questo sbaglio accaduto?

Arlecchino. Siora, bisogna che confessa la verità.

Metilde. C’è qualche inganno qui sotto.

Arlecchino. No ghe xe gnente d’inganno. La xe stada una mia loccaggine. La scatola... La me compatissa, per amor del cielo.

Metilde. Via, non mi fate penare.

Arlecchino. (Intanto penso quel che ho da dir). (da sè) La scatola l’ho persa, e bisogna che l’abbia persa in sta casa, e che so siora madre l’abbia trovada.

Metilde. Può essere ch’ella sia così. Per altro l’astucchio mi è caro più della scatola. Viene a me, non è vero?

Arlecchino. Seguro.

Metilde. Mandava a me l’uno e l’altro.

Arlecchino. Tutto a ela.

Metilde. Questo cerchio che lo contorna, crediamo noi che sia d’oro? (va mostrando l’astuccio ad Arlecchino)

Arlecchino. D’oro, d’orissimo.