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IL RAGGIRATORE 147


Claudia. Perchè non darmi l’astuccio?

Arlecchino. Perchè, signora, la memoria dei omeni la xe tanto debole, quanto la fedeltà delle donne.

Claudia. A proposito, chi si è scordato, tu o il Conte?

Arlecchino. O mi, o el Conte.

SCENA V.

Don Eraclio e detti.

Eraclio. Vi cerco e non vi ritrovo.

Claudia. Chi cerca, trova. Eccomi, se mi volete.

Eraclio. Che cosa vuole costui?

Claudia. È venuto a dirmi per parte del Conte che la Contessa... sta bene, ed ha riposato, ed è in grado di ricevere, non è vero? (ad Arlecchino)

Arlecchino. Siora sì, xe verissimo.

Claudia. Ed io voglio andare ora a farle una visita.

Eraclio. Piano con questa visita. Non so se si convenga di faria.

Claudia. Una dama venuta ora per la prima volta in città, non dovrà essere visitata? Andate a dirle che sarò a riverirla... (ad Arlecchino)

Arlecchino. Vago subito.

Eraclio. Aspettate. (ad Arlecchino)

Arlecchino. Aspetto.

Eraclio. Tutte le regole patiscono la loro eccezione. Non so se ad una moglie di don Eraclio convenga visitar per la prima una Contessa, che è qualche cosa di meno.

Claudia. Il Conte è nobile quanto noi. Andate. (ad Arlecchino)

Arlecchino. Gnora sì.

Eraclio. Fermatevi. (ad Arlecchino)

Arlecchino. No me movo.

Eraclio. Piano con questo nobile quanto noi, che la nobiltà di don Eraclio non si può impattar1 con nessuno; e voglio che si sostenga la reputazione degli Eraclidi.

  1. Guibert-Orgeas, Zatta ecc.: paragonar.