Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/154

Da Wikisource.
148 ATTO SECONDO


Claudio. Ma il Conte è pur vostro amico.

Eraclio. Amico usque ad baram, che vuol dire sino alla morte; ma l’amicizia non ha da oltraggiare la delicatezza di un sangue che è più puro, e più netto, e più purgato, e più nobile di quello che ho creduto fosse finora.

Claudia. Sarà vero tutto quello che dite: ma l’umiltà per altro è sempre apprezzabile. (Mi preme di vedere il Conte). (da sè) Andate alla casa del conte Nestore. (ad Arlecchino)

Eraclio. Andate, e ditegli che se verrà la Contessa a favorire la moglie di don Eraclio... (ad Arlecchino)

Claudia. Ditegli che la moglie di don Eraclio sa il suo dovere. (ad Arlecchino)

Eraclio. Fermatevi. (ad Arlecchino) E voi, prima di discendere ad un atto di viltà, sappiate meglio chi siete.

Claudia. Lo so benissimo...

Eraclio. No, non lo sapete ancora. Credei finora che il sangue mio derivasse dagl’imperatori romani. Mi disse certo dottore, che Eraclio fu imperatore di Costantinopoli. Andai a leggere la storia in un dizionario, e trovai che gli Eraclidi sono discendenti da Ercole.

Claudia. Questa per altro è una notizia che mi sorprende.

Arlecchino. Se sarà vero che sior don Eraclito sarà discendente da Ercole, lo vederemo.

Eraclio. Come si vedrà?

Arlecchino. Ho sentito dir da mia nonna, che Ercole avanti de morir xe deventà matto.

Eraclio. Vattene via di qua, temerario. Non insultar la memoria di quell’eroe.

Arlecchino. E che el filava colla rocca e col fuso.

Eraclio. Parti, ti dico.

Arlecchino. E che l’ha fatto i pugni con una bestia.

Eraclio. Vattene, o ti rompo il capo.

Arlecchino. L’è discendente da Ercole; el deventa matto. (dicendo forte, e timoroso parte)