Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/169

Da Wikisource.

IL RAGGIRATORE 163


Carlotta. Appunto cercava di mio fratello, per domandargli che minestra voleva questa mattina.

Eraclio. Questo non tocca a voi, tocca alla servitù. La damina nostra figliuola, dacchè è nata al mondo, non ha veduto le soglie della cucina.

Carlotta. Oh, io poi ho sempre fatto di tutto in casa mia.

Claudia. In casa vostra? Non siete stata voi in ritiro?

Carlotta. È vero; ma.... (Mi confondo). (da sè)

SCENA XII.

Il Conte e detti.

Conte. (L’ho detto, che l’ho fatto lo sproposito. Non me la ricordava costei). (da sè, in disparte)

Carlotta. Eccolo mio fratello.

Conte. Signora, è ritornato il servitore vostro. Possiamo andare, se comandate.

Eraclio. Avete riscossi li mille zecchini?

Conte. Ho ritrovato nell’escir della porta chi mi ha avvisato, che sarà qui da me dopo desinare.

Eraclio. Fatelo venire da noi.

Conte. Vedremo.

Eraclio. No, no, con libertà, vi dico; fatelo venir da noi.

Conte. Vi supplico sollecitare.

Eraclio. Subito. Andiamo.

Conte. (Non vo’ lasciare Carlotta senza di me. Coglierò un momento per avvisare donna Matilde). (da sè) Permettetemi ch’io vi serva. (a donna Claudia)

Claudia. Ricevo le vostre grazie. (gli dà la mano)

Eraclio. Io servirò questa giovanotta.

Carlotta. Grazie. (gli dà la mano)

Conte. Sorella, ricordatevi quel che vi ho detto. (parte con donna Claudia)

Carlotta. Sì, sì. (Un’occhiata vezzosa). (guarda con caricatura don Eraclio)