Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/19

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non si può pagare, si prega; si offerisce quel che si ha. Così ho pensato far io con Voi, ornatissimo Signor Abbate; non potendovi soddisfar per intiero, vi offro quella miserabile ricompensa che mi somministrano le mie forze. Ma che parlo io di pagamento e di ricompensa? Chi dona, non aspetta mercede; e qualunque minima cosa che il donatario al donatore destina, è sempre un dono arbitrario, e sempre un dono novello. Voi mi donaste assai, perchè assai dar potete; poco io vi dono, perchè non posso darvi di più; e siam del pari, se non per la forza, almen per l’animo certamente. Il dono dunque ch’io vi presento, è di una miserabile mia Commedia. Quel che sono le opere mie, lo sapete. Niuno meglio di Voi ne può formare giudizio; è vano dunque ch’io ve ne parli. Di una sola cosa, intorno a questa che or vi presento, vi devo render ragione. Forse vi recherà meraviglia, che ad un Poeta, quale voi siete, una commedia in prosa, anzichè in verso, abbia voluto io dedicare. Ma ditemi, se Dio vi salvi, ad un poeta del vostro merito quai versi si dovevano presentare? Possono i miei in verun conto paragonarsi coi vostri? Non rispondete voi; mi rispondano tutti quelli che vi conoscono. Dicalo prima di tutti il Serenissimo signor Duca Di Modona, che avendo ereditata dagli Avi la protezion delle Lettere, vari Poeti onora coll’augusto suo nome, ma Voi distingue col fregio di suo Poeta Primario. Dicalo l’Eccelsa Illustre Accademia Ducale, e tante altre a cui foste gelosamente ascritto. Ma quando finirei di scrivere, se tutti invitassi a rispondermi quei che del vostro sapere e dell’ammirabile vostra Poesia far possono testimonianza? Ciascuno sa che pochi Lirici al giorno d’oggi vi eguagliano; che i vostri sciolti hanno tutte le grazie italiane e tutta la forza greca; e se parliamo dei Martelliani, (che Voi sapete aver io primo, dopo il Martelli, nelle commedie usati) sono i vostri così eleganti, così espressivi e vivaci, che si vergognano i miei di comparire al confronto. Pure vi degnaste più volte, dopo quei giorni per me torbidi e calamitosi, frammischiare il mio nome fra le dolcissime rime vostre, farlo risuonar dalle scene e uscir glorioso dai torchi. Grande è la vostra bontà, ma non vogl’io cimentarla presentandovi Commedia in versi. Pur troppo ne avete