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LA VILLEGGIATURA 33


Gasparo. Consolatevi, che voi avete un gusto più delicato.

Lavinia. Se non foss’io che sostenessi l’onore della casa...

Gasparo. Veramente vi sono obbligato. Se non ci foste voi, non averei la casa piena di cavalieri.

Lavinia. E che cosa vorreste dire?

Gasparo. Zitto; non andate in collera.

Lavinia. Se stesse a me, quanti meno verrebbono a mangiar il nostro. Don Ciccio per il primo non ci verrebbe.

Gasparo. Guardate che diversità d’opinione! Ed io quello me lo godo infinitamente.

Lavinia. Fra voi e me non si va d’accordo perfettamente.

Gasparo. Ehi, ps, ps. (chiama verso la scena)

Lavinia. Chi chiamate?

Gasparo. Chiamo quelle ragazze.

Lavinia. Che cosa volete da loro?

Gasparo. Quello che vogl’io, non lo avete da saper voi.

Lavinia. Andate lì; che bisogno c’è che le facciate venire in sala?

Gasparo. Non ci possono venire in sala? Avete paura che dai piedi delle contadine sia contaminata la sala della vostra nobile conversazione?

Lavinia. Quando ci sono io, non ci devono venire le contadine.

Gasparo. Il ripiego è facile, cara consorte.

Lavinia. Come sarebbe a dire?

Gasparo. Non ci devono essere, quando ci siete voi; io voglio che ci sieno, dunque andatevene voi.

Lavinia. Ho da soffrir anche questo?

Gasparo. Soffro tanto io.

Lavinia. Non occorr’altro; sarà questo l’ultimo anno che mi vedete in campagna.

Gasparo. Oh, il ciel volesse che mi lasciaste venir da me solo!

Lavinia. Indiscretissimo.

Gasparo. Tutto quel che volete.

Lavinia. Nemico della civiltà.

Gasparo. Sfogatevi pure.

Lavinia. Senza amore per la consorte.