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468 ATTO SECONDO
S’accomodi, la prego, la prego, signor mio.

Conte. Ella vuol star in piedi?
(il Conte vuol prender egli la sedia)
Commissario.   Sederò un poco anch’io.
(il Commissario la prende da se, e siedono)
Cosa abbiamo di nuovo delle cose del mondo?
Conte. Io colle novità davver non mi confondo.
La novità che stimo, in questo dì felice,
È l’amicizia vostra.
Madama.   Oh signor, cosa dice?
Nostro onor che si degni venire in questi quarti.
Commissario. Da brava, commissaria, fate voi le mie parti.
Conte. Gentil moglie e marito. Dite, signor, vi prego,
È molto che godete l’onor di quest’impiego?
Commissario. Il triennio è vicino a terminar ben presto.
E non so dir poi dopo, se resto o se non resto.
Si aspetta il feudatario da noi, oggi o domani:
Vorrei mi confermasse; ciò sta nelle sue mani.
Ma ho dei nemici molti: con arte e con malizia
Hanno disseminato ch’io vendo la giustizia.
Ciò non è ver, credetelo. Non sono interessato;
Ma siamo malveduti da tutto il marchesato.
Mia moglie, ch’è la donna più amabile del mondo,
L’invidiano, l’invidiano quei di Castel Rotondo.
Dicono i maldicenti quel che lor viene in bocca;
Ed è la mia rovina, se andarmene mi tocca.
Oggi o doman si aspetta il nostro feudatario.
Signor, non vorrei essere ardito e temerario:
Altri che voi non puote far che il signor Marchese
Voglia un altro triennio tenermi nel paese.
Vi prego, signor Conte, di questa grazia, e poi...
Signora commissaria, pregatelo anche voi.
Conte. (Oh, son bene impicciato!) (da sè)
Madama.   Non ho merito alcuno...
Conte. Voi meritate molto.