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496 ATTO QUARTO

SCENA VI.

Madama Graziosa.

Era ben meglio assai parlar non lo facessi.

Non so come, in sentirlo, com’io mi trattenessi.
A una donna mia pari un simile strapazzo?
Con un matton, se passa sotto il balcon, l’ammazzo.
Vo’ farlo andar prigione, vo’ farlo processare,
Una querela falsa se credo d’inventare.
Ma se dal marchesato siam belli e licenziati,
Si vederanno in fumo tutti i disegni andati.
Senz’arte, senza posto, e poi senza quattrini...
Ah! manderò a chiamare il signor de’ Martini. (parte)

SCENA VII.

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Il Marchese Ferdinando e don Mauro, la Marchesa Ippolita sedendo da una parte, donna Bianca più indietro sedendo; il Conte passeggia, qualche volta a lei accostandosi.

Marchese. Vi rinnovo, don Mauro, i miei ringraziamenti.

Scusatemi, vi prego.
Mauro.   Non so far complimenti.
Marchese. Venir qua d’improvviso qualche affar mi ha obbligato.
Sapete che il castello è antico e rovinato.
Bastami aver da voi discreta abitazione.
La mensa non intendo di profittar.
Mauro.   Padrone.
Marchese. Un uom quale voi siete, per onestà pregiato,
Onora il mio paese, onora il marchesato;
Dal sangue il vostro cuore dissimile non è.
Mauro. Conte, fatemi grazia rispondere per me.
Conte. Or men di voi capace sarei per complimenti. (passeggiando)
Bianca. (Sol capace è l’ingrato di darmi dei tormenti.) (da sè)